Billy Wilder, L'appartamento, 1960

Billy Wilder, L'appartamento, 1960

 

La voce narrante dell'impiegato Jack Lemmon, ci guida. Accompagnando delle immagini, fluide, suadenti. Uno skyline di Manhattan ripreso da un aereo che atterra dolcemente. Il palazzo dove l'impiegato ci sta dicendo che lavora. Ci dice che contiene più degli abitanti di Gallarate. A conferma, la camera scorre dal basso, dalla strada, verso l'alto, scoprendo a poco a poco la dimensione dell'edificio.

Dalla città al palazzo, dal palazzo all'interno.

Inquadratura dell'immenso ufficio. Open space. Scrivanie tutte in fila, allineate, che si perdono in profondità, in corrispondenza del punto di fuga. Profondità di campo impressionante.

Poi tutti se ne vanno a lui resta solo in mezzo alle scrivanie vuote, raccontandoci che resterà lì a lavorare solo ancora per due ore. Per me una delle più belle inquadrature di tutto il cinema. Contiene un'immensità. Scrivanie, lo spazio esteso, senza limiti apparenti, dilatato. Lui lì in mezzo, seduto, solo. Rimasto solo, che lavora fuori orario.

Un inquadratura esistenziale. Un uomo solo, rimasto solo.

Ma la sua voce, il proseguo del racconto, subito alleggerisce. Capiamo di essere in una commedia, dal tono leggero. Tono leggero ma contenuto mai banale.

Si ride, tanto, di gusto. Finalmente battute che fanno ridere. Personaggi divertenti. Il vicino, dottore, che origlia tutto è straordinario, verosimile, spassoso.

Il nostro impiegato ci spiega che nell'appartamento non ci può andare fino a tardi, perché non è libero. Lo presta a turno a i suoi dirigenti aziendali, che se la spassano con le rispettive amanti,

Jack Lemmon dà il meglio di sé. Ingenuo, bonario, a volte diventa furbo e ne approfitta per farsi promuovere, e si trova a suo agio con nuovi uffici tutti per sé.

Si innamora della signorina degli ascensori, ma non sa che proprio lei è una delle ospiti del suo stesso appartamento, amante di uno dei dirigenti a cui lo presta. Intuiamo un conflitto di interessi. Pian piano si rende conto di ciò che noi già sappiamo, perché il buon Wilder ce lo ha mostrato, mentre la voce narrante era “distratta”.

Nell'appartamento tutti vanno e vengono, continuamente. Nell'appartamento accade di tutto. Festini, suicidi mancati, amori platonici, irruzioni improvvise.

L'appartamento, vero protagonista.

Resta lì, mentre tutti vanno e vengono. Immobile, ripreso con quelle inquadrature lunghe che lo fanno apparire ampio, luminoso e accogliente. Fotografato in uno bianco e nero  abbagliante. L'appartamento come una scenografia teatrale, ma molto di più. Esso sa tutto quello che avviene, molto più di ogni altro. E con l'appartamento c'è il corridoio, la scala che porta all'ingresso, i gradini sulla strada, la strada per il palazzo, l'ascensore, l'ufficio.

E’ una sensazione meravigliosa poter ripetere questo percorso avanti e indietro, cullati dalla leggerezza di Wilder.

L'appartamento dove credo tutti noi vorremmo poter tornare sempre, affezionati e sedotti dalla sua atmosfera così  dolcemente impalpabile. 
 
 
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