Sisu è un termine finlandese che si può tradurre in italiano con espressioni quali: forza di volontà, determinazione, perseveranza e razionalità. Manca una traduzione più precisa. Sisu è una parola chiave per capire la cultura finlandese. La parola deriva da sisus, che significa intimo, interiore. Significa coraggio estremo di fronte a ostacoli insormontabili. È più che un semplice hartia pannki, coraggio fisico. Ci vuole forza interiore, e ottimismo e capacità di resistenza e un bel po' di quell'ostinatezza tipica del mulo, quel tipo di testardaggine che permette a un uomo a cui è stata diagnosticata una malattia incurabile di sopravvivere ai suoi medici. Forse non vinciamo sempre, dice la sisu, ma sicuramente non perderemo mai.
APPUNTI NELLA FORESTA
TOP GUN
Tony Scott, 1986
Oltre la cortina di ferro, questi film che apparivano dozzinali agli occhi di noi occidentali, sortirono l'effetto opposto: dato che, per ovvi motivi, erano severamente proibiti dalla censura, presto iniziarono a circolare sul mercato nero. Intere famiglie si ritrovavano nell'appartamento di chi aveva il videoregistratore per vedere di nascosto ciò che era proibito: il mondo occidentale. Coca- cola, motociclette, auto di proprietà, vestiti, fast-food. Nell'Europa dell'Est il cinema americano illegale è diventato un fenomeno di massa, che secondo la tesi, documentata, di Ilinca Călugăreanu, è all'origine della rivolta che ha portato alla dissoluzione della cortina di ferro.
Tra questi film americani c'era Top Gun.
Io lo ammetto, ho sempre pensato che Top Gun fosse solo un film pieno di esibizioni cariche di testosterone e di bulli da due soldi. Discorso a parte la colonna sonora, bellissima: avevo anche la cassetta. Poi, da grande, ho scoperto che per molti dei miei coetanei aveva assunto un significato diverso. Nei paesi dell'Est circolava solo sul mercato nero, e quindi era diventato il simbolo della libertà, incarnato da quelle incredibili acrobazie di caccia che tuonavano nel cielo.
La libertà.
Maverick, è uno sbruffone. Tom Cruise lo rende alla perfezione. Non sta alle regole, mai, nemmeno in volo, creando lo scompiglio. Il suo avversario, interpretato da Val Kilmer, è un duro, ma disciplinato. I due gareggiano ovunque, anche sulla sabbia del beach volley, esibendo muscoli a più non posso. Anni Ottanta...
C'è da dire che gli istruttori sono geniali. Uno più bravo dell'altro. I loro discorsi sono da cineteca. Io adoro il primo, quello delle selezioni, per le sue battutacce a effetto. Poi c'è Michael Ironside, grande attore, vedi Scanners.
Poi c'è 'istruttrice sexy. All'inizio Maverick ci prova sfacciatamente con lei in un bar, completamente ignaro del ruolo che assumerà il giorno dopo in Accademia. Una bella trovata, immaginatevi la faccia di Maverick quando lei sale in cattedra. Ma in ogni caso la brava prof. se lo mangia con gli occhi. Così inizia l'interminabile flirtare, un tira e molla che ci tiene impegnati per metà film. Gli sguardi che scambiano sono più roventi di mille scene dai più noti film scandalosimesse assieme .
Poi ci sono le missioni, appunto. E le canzoni. Parte Take my breath away, e voi alzate il volume, raccomando.
Yodas Crew
TROLL HUNTER, André Øvredal, 2010
Tutto vero: nel 2009 sono stati ritrovati dei filmati ripresi da alcuni giovani giornalisti emergenti poi misteriosamente scomparsi. Il governo norvegese ha messo a tacere il contenuto dei nastri, facendo sparire tutti gli autori.
Cosa mostravano i filmati? L'esistenza dei troll. I troll, che si dividono in sei specie sconosciute, abitano le zone montuose disabitate, per lo più al centro della Norvegia. Non immaginatevi esseri simpatici. Sono molto aggressivi, soprattutto quando contraggono la rabbia. Sono molto simili ai troll come vengono tramandati dal folklore scandinavo, col caratteristico grande naso. Una specie però ha tre teste, di cui in realtà le due laterali sono finte, servono solo a spaventare gli animali. Un'altra specie si caratterizza per le dimensioni spropositate: 50 o cento metri, o giù di lì.
Come li hanno scoperti i nostri eroici giornalisti? Seguendo un tale, sospettato dai media di essere un bracconiere, che in realtà è stato incaricato direttamente dal governo di sterminare i troll che escono dalle zone disabitate e si avvicinano pericolosamente ai centri urbani. Ciò accade sempre più spesso, per via dei cambiamenti climatici e del buco dell'ozono, visto che i troll soffrono la luce.
Anche i se i troll non vi interessano, e non vi interessa sapere a che pericoli andiamo incontro, sappiate che ignorando questo documentario rischiate di perdervi alcuni dei panorami più belli che abbiate mai visto: fiordi immersi nella nebbia, coperti di neve, circondate da meravigliose foreste di conifere. E poi roulotte, campeggi, cabine in legno. Tanto trekking ed esplorazioni notturne di boschi.
Vedendo questo documentario vi verrà voglia di passare un week-end in camper presso i boschi, magari in Trentino, o in Svizzera, o anche in Norvegia.
Tra parentesi: le scene con troll fanno veramente paura, pur essendo esenti da splatter, e le immagini sono semplicemente tra le più belle mai viste su un grande schermo. Il finale è qualcosa di incredibile: appartiene a un altro mondo.
Troll hunter non è solo un film, è il capolavoro del mockumentary.
Yodas Crew
#appuntinellaforesta #taccuinidicinema #yodascrew #trollhunter #AndréØvredal #mockumentary #recenzione
disponibile (a pagamento) su: Youtube, Google Play, Apple, Rakuten
LA PAURA NEL CINEMA
DAVID LYNCH
(STRADE PERDUTE)
Hannah
Arendt scrisse riguardo all'Olocausto che nessuno era
responsabile, o meglio, nessuno vi si sentiva; facevano solo il
proprio lavoro. Eichmann stesso si sentì vittima di un'ingiustizia,
ed era profondamente convinto di star pagando per le colpe degli
altri: dopotutto, lui era solo un burocrate che faceva il proprio
lavoro, ed incidentalmente, questo coincideva con un crimine.
Questa
è la banalità del male. Ognuno scarica la responsabilità
sull'altro, vivendo il proprio atto malvagio come un fatto qualunque,
banale, parte di una
routine quotidiana.
Il film La zona d'interesse ribalta
completamente questa prospettiva. Dietro l'apparenza di normalità,
ostentata attraverso tutte le inquadrature (posizione della mdp.
scenografie, costumi), si nasconde una lampante verità. Tutti i nodi
vengono al pettine.
Sembra che i componenti della famiglia Hoess
non si rendano nemmeno conto che accanto loro orto idilliaco la
ciminiera mandi sbuffi di morte.
Sembra,
ma non è così.
Ad ogni sbuffo di morte loro godono, perché
ogni sbuffo è la dimostrazione, così credono, della loro
superiorità. A scanso di equivoci la moglie vuota il sacco,
minacciando la serva:
Potrei dire a mio marito
di spargere le tue ceneri nei campi
Parole
che pesano come macigni, scagliate su ogni spettatore in sala.
Del
resto che dire del Comandante Hoess che al tavolo da pranzo studia
con gli esperti le planimetrie dei forni crematori per cercare di
migliorarne la "resa" ?
Le vittime come numeri
di un'equazione.
Li chiamano carico.
Ricaricare
la camera di combustione.
Non
c'è ombra di dubbio: non si possono pronunciare parole come queste
con indifferenza.
L'indifferenza è bandita. Parole come queste si possono pronunciare
solo come atto di consapevole efferatezza. Nello stesso momento in
cui la parola carico
ti esce di bocca, tu stai declamando la tua superiorità rispetto a
un essere inferiore, in realtà tuo simile, ma che per te è solo
carico.
Non si può
equivocare su tale intenzionalità.
Può
esistere dunque la banalità del male?
Il caso ha voluto che mi
capitasse in mano un libro di McCarthy. Meridiano di
sangue. L'autore descrive senza
mezzi termini un universo a noi lontano, appartenente al Far West del
1850. Si tratta di un inferno. I cavalieri, una spedizione di
cacciatori di taglie, attraversano un paesaggio disseminato di
orrore: teste mozzate appese alle facciate delle chiese, cadaveri
divorati dagli avvoltoi, ovunque. Ogni giorno la scena si ripete. E
loro nulla, come niente fosse. tirano dritto. Quando arriva il loro
turno, fanno di peggio. Commettono atrocità in rapida sequenza,
freddamente. Capiamo che sentono di non aver scelta. E' la loro vita:
come animali che debbono uccidere per non essere braccati.
In
questo contesto davvero i mostri sembrano non essere per nulla
consapevoli del male che stanno compiendo. Anzi non si tratta nemmeno
di male. Non c'è scelta. Nessuna alternativa.
Potrebbero
starsene in casa barricati come i poveri messicani nelle baracche.
Invece hanno scelto di stare fuori e cacciare. Ma, dalla loro
prospettiva, non hanno scelta. Quella è l'unica modalità di vita
che conoscono.
Quindi quel Far West è il regno della banalità
del male.
Ma era il West senza legge del 1850.
Si può
dire la stessa cosa del 1945?
Di certo non si può dirlo della
famiglia Hoess nel film. Caratteristica inequivocabile del nazista è
esercitare la propria superiorità consapevolmente. Non una
superiorità dovuta a meriti, ma una superiorità dovuta alla razza.
Di matrice puramente elettiva.
Un altro film che stimola la riflessione sulla banalità del
male è lo splendido Safari di Siedl.
La telecamera imparziale e
oggettiva riprende alcuni di gruppi di cacciatori durante un safari
in Africa. Non vi è presente alcuna forma di giudizio morale. Non si
tratta di mettere in discussione la caccia. L'unico punto di vista è
quello dei cacciatori, ripresi durante l'attività e poi
intervistati.
Quello che fa riflettere è come essi siano
totalmente immersi all'interno del loro universo, la confraternita
dei safaristi, come se tutto il resto il mondo fosse lontano anni
luce, dimenticato. In quel momento sono talmente assatanati, rapiti
da quello che stanno facendo, che non sembrano più nemmeno
accorgersi della telecamera che li riprende, per mostrare al mondo
quello che stanno dicendo. Sembra che in quel momento si siano
costruiti una corazza addosso, capace di preservarli dal giudizio
dell'altro.
Il fatto che sia giusto o sbagliato cacciare non ha
niente a che vedere con il film, che si propone di scandagliare
l'assolutismo, ferreo,
della convinzione dei
protagonisti.
Non c'è altro modo di esistere se non quello.
Forse la banalità (del male), se esiste, quando esiste, è
simile all'incapacità di percepire, di prendere in considerazione,
altri punti di vista al di fuori del proprio ?
LT
#glazer #lanegazionedellabanalitàdelmale #seidl #meridianodisangue #appuntinellaforesta
Payal Kapadiya, All we imagine as light, 2024
*****
Storie di donne: tre colleghe, infermiere. Entriamo di soppiatto nelle loro case, all'inizio senza capire molto di cosa stiano parlando, perché il loro discorso era già iniziato, noi vi si ci siamo infilati dentro di soppiatto. Pare ci sia di mezzo qualcosa di vergognoso, o di ritenuto tale.
Ci sono film che hanno incipit didascalici, come Il buono, il brutto e il cattivo, che impiega minuti a spiegarti chi sono i personaggi e cosa fanno, e film come questo, in cui noi spettatori dobbiamo infiltrarci e comprendere da soli, quasi fossimo delle spie. Tutto appare caotico. Del resto siamo A Mumbai, la città delle contraddizioni, che spesso come dei gironi dell'inferno dantesco, con i suoi estremi di povertà, la prostituzione, l'esplosiva frammistione culturale. Come tutti gli inferni possiede un suo fascino perverso, attrattivo, fatto di colori e mercati brulicanti.
Il film è un classico esempio di nuovo neo-realismo del terzo millennio: scene di vita di gente comune, a casa, sul lavoro. La novità è che vengono proposti interludi che spezzano la narrazione. Immagini notturne riprese dai mezzi di trasporto, mille luci abbaglianti immerse nel buio. Insolita la scelta di produrre un'inquadratura per tre quarti nero pece, quasi a sprecare l'attenzione dello spettatore, oppure a concentrarla su un punto ben preciso. Intanto che guardiamo le immagini scorrere sentiamo le voci degli abitanti che raccontano la loro città, come in un frammento documentario. Una storia d'amore nei confronti di Mumbai.
Nel frattempo si sviluppa anche la storia, quella delle tre donne, che vivono nei condomini della periferia, meravigliosi alveari brulicanti di vita. Una si è sposata giovane attraverso un matrimonio combinato, di cui sembra andare fiera, ma da lungo tempo non vede il marito che si è trasferito in Germania per lavoro. L'altra donna, vedova, ha ricevuto un invito a lasciare l'appartamento, in quanto non risulta proprietaria. In realtà lo è, ma non possiede più l'atto che lo dimostra, lo ha perso. Una scusa dell'impresa costruttrice per demolire. La terza donna, l'infermiera più giovane, ha una storia clandestina con un ragazzo musulmano. Ecco qual è il fatto misteriosa attorno a cui si svolge la vicenda. C'è la donna adulta che crede nel matrimonio combinato e la giovane che trasgredisce la regola, ma che tiene nascosto il segreto. L'altra qualcosa capisce, e dentro di sé inizia a giudicarla. Inevitabilmente dentro di lei si crea un conflitto, si rivede nella collega, proiettata nella se stessa più giovane, si ritrova davanti alle stesse scelte. Lei disprezza le relazioni interrazziali. Non approva che si vada contro le decisioni dei genitori.
ALLERTA SPOILER
La ragazza decide di rischiare e si incontra di nascosto con l'amato. Si danno appuntamenti di notte, dopo i turni di lavoro, nei mercati. Approfittano di un parcheggio sotterraneo lurido per baciarsi, ma la loro innocenza fa trasforma un luogo così squallido in pura poesia, anche per merito delle belle inquadrature. Con le parole di Guccini: che nostalgia per quelli contro un muro o dentro a un cine o li' dove si puo'
Dentro queste scene si nasconde l'essenza della filosofia della Kapadiya, l'amore profondo che prova nei confronti di questa città che guarda avanti, verso il terzo millennio, che rappresenta il futuro.
Le tre donne sono costrette a tornare al villaggio, là dove regna l'antico, dove regna indisturbata la tradizione, quella rigida mentalità di caste e intransigenza morale. Questo pensa la protagonista, anche se persino nei suoi pensieri non riesce ad ammetterlo. Per lei si tratta dell'odiato villaggio, quello dove è stato decretato che si doveva sposare con un uomo che l'ha abbandonata.
Sono costrette a tornare nell'odiato villaggio per accompagnare l'amica sfrattata, che ha deciso di arrendersi, di rinunciare affranta alla bella e libera vita di città.
Il ragazzo segue di nascosto la comitiva, in modo da potersi incontrare con l'amica per amoreggiare in mezzo alla giungla, o addirittura in una grotta di fronte ai volti scolpiti degli antenati, quasi con un gesto di sfida irriverente. O forse quegli antenati sono più saggi dei loro stessi genitori, e li guardano con affetto.
La donna li vede, ora ha le prove del legame vergognoso. Ma non ha tempo di pensare e riflettere sul da farsi. Accade che c'è un annegato che torna trasportato dal fiume. La gente del villaggio si assiepa intorno al moribondo impedendogli di respirare. Lei, infermiera, si fa avanti e pratica la respirazione bocca a bocca, salvando la vita all'uomo. Tutti vedono che lo bacia e nella loro ignoranza pensano che sia la moglie. Tanto che la vecchia dottoressa, in ospedale, la invita a andare a trovare suo marito addormentato sul letto. Lei dice che non è così, si oppone. Poi però si ferma a pensare davanti alla finestra, mentre lui dorme. Il titolo del film è All we imagine as light, tutto ciò che immaginiamo come luce. La voce della donna, di nuovo sussurrata, indica che sta pensando. Fantastica che l'uomo sconosciuto sul letto possa essere davvero suo marito, invecchiato e irriconoscibile, tornato per dirle che là nella terra lontana, in mezzo al buio delle notti interminabili di lavoro stremante, il pensiero di lei era la luce. Dunque lei spera che lui ciò che immagina come luce sia lei.
Poi si sveglia da quel sogno a occhi aperti e finalmente guarda in faccia la realtà. L'uomo disteso non è suo marito, tornato a abbracciarla, è solo uno sconosciuto qualsiasi che ha salvato. Suo marito non è più tornato e non tornerà mai. l'ha condannata a una vita in solitudine, in un matrimonio trappola che le ha rovinato la vita.
Così, finalmente, lei vede ciò che è la vera luce.
Esce di lì e corre dalla giovane amica per dirle che sa tutto, per chiederle di cenare con quel ragazzo, che è musulmano, ma non ce ne importa nulla, brindiamo in quel locale pieno di luci abbaglianti e di colori che tanto ricorda l'amata Mumbai, piena di contraddizioni, ma anche proiettata nel futuro.
LT
#allimagineaslight #amoreamumbai #appuntinellaforesta #taccuinidicinema
Capolavoro dell'espressionismo tedesco: l'inquadratura è carica di una potenza espressiva unica nel suo genere, caratterizzata da tinte forti, impeto selvaggio. Come nella pittura, anche nel cinema si imprime l'istinto, si libera l'interiorità. Non sono accettate le mezze misure. La recitazione si riempie di slanci, le scenografie sono estremizzate.
Gotico: L'elemento gotico si esprime attraverso la scelta dei personaggi principali, spesso diversi, alienati, addirittura deformi. Non solo il conte, ma anche l'agente immobiliare, destinato a servirlo.
Romanticismo
tedesco: Non vi è solo l'enfasi dei sentimenti umani,
trascinanti. Il paesaggio stesso si veste degli stessi sentimenti,
suggerendoli a sua volta ai personaggi, interferendo con le loro
vicende.
Il sublime: La prima inquadratura del paesaggio
dei Carpazi rievoca il senso del sublime della pittura di Friedrich.
L'immensità, che schiaccia l'umano, lo investe a lcontempo di
grandezza, lo trasfigura, come nel romanzo di Stoker.
Il
contrasto: Il protagonista, quando i contadini si fanno il segno
della croce, oppure quando legge i libri di superstizione popolare,
se la ride. La mimica e la gestualità si fanno spiritose, allegre,
il paesaggio viene visto come idilliaco e festoso. Il colore della
pellicola diventa solare. Poi all'improvviso tutto si incupisce, il
terrore prende piede. Maestosa la sequenza in cui la coppia in casa
amoreggia felice, ma dalla finestra in un angolo Murnau lascia
intravedere lo spettrale magazzino di Lubecca che diverrà la tana
stregata del conte. Per evidenziarla e far sì che lo spettatore la
colga, Munrnau fa rientrare il marito nell'inquadratura sullo sfondo,
avanti e indietro davanti alla finestra. Uno dei momenti più alti
della settima arte.
Sonnambulismo: Il male attira verso di
sé. La bella moglie è sonnambula, inizia ad avere la febbre, si
sente attratta dalla finestra incriminata dall'altra parte del
canale, dove presto si affaccerà l'oscura presenza. Lui sente lei,
lei sente lui. si chiamano. Le inquadrature, montate insieme, danzano
impazzite.
L'inseguimento: La folla inferocita decide di cacciare l'agente immobiliare, capro espiatorio, il tumulto si accende nei vicoli. Movimento di masse sulla scena, dinamismo a atmosfera di complotto.
La sfilata delle bare: il corso dritto in verticale di fronte alla macchina da presa, le bare che sfilano funeree dall'alto in basso. Poesia lugubre.
Le croci sulle porte: Bussa e ascolta. Nessuna risposta. Traccia una croce bianca sulla porta e passa alla successiva. Più di mille parole, in pochi secondi Murnau riesce a esprimere il dramma della pestilenza. Un libro di storia.
L'eros: La moglie chiede al marito di andare a chiamare il dottore. Si butta sul letto fingendosi moribonda. Ma appena esce, spalanca la finestra.
Il muto: Non avendo a disposizione il parlato, Murnau, è costretto a accorciare il più possibile le inquadrature. Per coinvolgere lo spettatore ricorre ai continui cambi di scena, che diventano esplicativi dell'evolversi della vicenda. Il lavoro si concentra sul montaggio.
L'architettura: Quale scenario poteva essere più adatto dei Magazzini del sale di Lubecca, così sbilenchi, dalle mille finestre come occhi bui ? L'edificio è tra i principali riferimenti dell'espressionismo architettonico del primo Novecento.
Lubecca: Sembra fatta apposta per ospitare la versione cinematografica di Nosferatu. Antica, misteriosa, piena di vicoli oscuri. Il tempo scorre lento, come l'acqua nei suoi canali...